Antonio Polito firma oggi sulla prima pagina del “Corriere” una riflessione intitolata Perché proteggiamo (troppo) i nostri figli. L’argomento non è nuovo, ma purtroppo gli orientamenti educativi adeguati ai cambiamenti sociali faticano a diventare pratica formativa e cultura di governo. È indispensabile sconfiggere il senso comune che quasi identifica l’affetto per i figli con la protezione “perché - come scrive Polito - in realtà tradisce una sfiducia collettiva nei loro mezzi, una paura di lasciarli nuotare con le loro forze e il prima possibile, che a sua volta contribuisce a deprimere la loro autostima”. Leggi
martedì 31 gennaio 2012
lunedì 23 gennaio 2012
LA CRISI DELL'AUTORITÀ E LA SOCIETÀ CHE DISEDUCA
Sempre per la serie repetita
che giovano, è da segnalare un intervento di Aldo Grasso sul “Corriere
della Sera” che, partendo dal naufragio del Giglio, si aggiunge a tutti quelli
che hanno denunciato il rovinoso indebolimento delle idee di responsabilità
personale e di autorità, due cardini essenziali della convivenza civile. E
ancor più della vicenda della Costa, la mancanza di una qualsiasi “catena di
comando” in grado di far rispettare le leggi è dimostrata dal dilagare, ormai
pluridecennale, di forme di protesta come quella degli autotrasportatori,
basate sulla presa di ostaggi, cioè degli incolpevoli cittadini a cui viene
sequestrato il diritto di circolare liberamente.
La scuola che dovrebbe educare al rispetto delle leggi (quindi
degli altri) si trova così a combattere con una società che in mille modi diseduca; e più ancora che con la
violazione delle regole, con la fuga dal dovere di farle rispettare. Leggi.
CITAZIONI - LA SANZIONE EDUCATIVA
Il proverbio latino “Repetita
iuvant”, che sembra formulato per i distratti o i duri di comprendonio, esprime
una verità psicologica fondamentale: il passaggio dalla nozione di un problema
a una reale convinzione riguardo alla sua importanza non è per nulla scontato.
Può derivare dal coinvolgimento diretto nell’esperienza oppure da una serie di
approfondimenti e di riflessioni che, specialmente se provenienti da persone
autorevoli, possono provocare quella “massa critica” di elementi conoscitivi ed
emotivi (come una certa preoccupazione) che ne fanno un centro di
interesse e una chiave di lettura della realtà. Per esempio, chi non concorda a
parole sull’importanza dei rispetto delle regole? Eppure è ancora raro che un’affermazione
del genere comporti poi un’accettabile coerenza nelle valutazioni e nei
comportamenti; anzi è frequente che venga subito fatta seguire da un “ma” che
ne riduce drasticamente o addirittura ne ribalta il significato. Continua a leggere.
venerdì 13 gennaio 2012
CAMBIARE LA SCUOLA SEGUENDO LE MODE
Raffaele Simone, noto linguista e già efficace
fustigatore dei costumi nostrani con Il
paese del pressappoco, partendo dai “due spettri che si aggirano nelle
scuole italiane, la lavagna interattiva e i tablet”, passa in rassegna le mode
che hanno tormentato gli insegnanti negli scorsi decenni e ci ricorda che “la cultura digitale è uno dei più temibili moventi di
interruzione della concentrazione che si siano mai presentati nella storia”. Leggi.
lunedì 9 gennaio 2012
VALUTAZIONE E MITOLOGIA DEI NUMERI
Ci sono cose che si possono facilmente misurare, altre
meno o magari per niente, almeno in senso proprio e cioè basandosi su unità di
misura condivise. Come ha scritto tempo fa il matematico Giorgio Israel,“quando attribuisco un voto al
compito di uno studente non misuro un bel nulla: non faccio altro che usare
numeri per rappresentare in modo sintetico il mio giudizio soggettivo che mai
potrà essere «oggettivo» come lo è invece misurare la lunghezza di un tavolo
con un metro. Posso al più tentare di essere «equanime»”. Lo stesso Israel
torna oggi a metterci in guardia, in un articolo
sul “Messaggero”, sui limiti dei test di valutazione, i quali, anche quando ben
fatti, possono essere applicati a rilevare conoscenze e capacità elementari e non
certo la complessità di una formazione culturale che si rispetti.
La cieca fiducia
negli studi statistici non è meno dannosa delle valutazioni impressionistiche
non supportate da alcun dato, anzi forse è più insidiosa perché tende a
presentarsi come assolutamente oggettiva. Si diffondono così dei veri e propri dogmi e
pochi hanno la libertà interiore e la competenza necessarie per metterli in
discussione. Uno di questi contrappone l’eccellenza della nostra scuola
elementare al “buco nero” che sarebbe costituito dalla medie, oggetto di un
recente rapporto della fondazione Agnelli. A suo tempo segnalammo un intervento
in proposito di Luca Ricolfi (Il mito della scuola
elementare). E qualche settimana fa due studiosi, Enrico Gori e Raffaella
Marin, hanno messo in dubbio sul “Sussidiario.it" la validità dei dati su cui si basa il rapporto Agnelli (con replica di Gavosto
e loro controreplica), sostenendo tra l’altro che l’analisi dei dati “non può essere scissa dalla
considerazione dei tassi di scolarizzazione alle diverse età: se i giovani con
competenze peggiori non si iscrivono al grado successivo, o sono espulsi dal
sistema scolastico, vengono automaticamente esclusi; l’effetto che ne consegue,
con tutta probabilità, è che il livello medio di competenze cresce grazie alla
loro esclusione”. (GR)
venerdì 6 gennaio 2012
CITAZIONI - DA "A COSA SERVE LA POLITICA?", DI PIERO ANGELA
La
de-meritocrazia
La questione del merito va
ben al di là del giusto riconoscimento dei valori individuali e della qualità
del lavoro svolto: perché quando si passa dal livello singolo a quello
collettivo, il merito cambia natura, esce dalla
dimensione etica ed entra in quella economica.
In altre parole, se un
paese premia il merito a tutti i livelli, crea le condizioni per migliorare il
funzionamento della società e questo aiuta anche a migliorare la sua
competitività. [...] L'European House dello studio Ambrosetti di Milano ha pubblicato uno studio proprio sul merito [continua a leggere]
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